Vivide immagini di una storia gloriosa e tormentata assalgono i visitatori dello straordinario parco archeologico di Segesta, in provincia di Trapani. Attorno al V secolo a.C. questa antica colonia magno-greca giunse a rivaleggiare con le più importanti città della Sicilia, conoscendo un livello di sviluppo che oggi è stato ampiamente documentato, grazie a un'importante operazione di recupero archeologico. La storia di Segesta, fondata dagli Elimi (popolazione proveniente, secondo la tradizione, da Troia) è segnata dalla lotta per il predominio che la vide opposta all'altrettanto famosa città di Selinunte. Nel 415 a.C., per difendersi dalla sua eterna rivale, Segesta fece addirittura appello ad Atene, il cui esercito venne però sconfitto dai Siracusani, alleati di Selinunte. Sei anni più tardi, la rivincita giungeva con il supporto dei Cartaginesi che, sbarcati in Sicilia, distruggevano le città di Selinunte e Himera. Le vicende della Segesta ellenistica, liberata dal suo nemico, proseguirono per un secolo, fra alterne fortune, fino all'annientamento subito dall'altra rivale storica, Siracusa, per mano di Agatocle. Segesta rinacque, tuttavia, in epoca romana, ma la sua storia si fece più oscura. Il parco archeologico che oggi è possibile visitare documenta l'esistenza di una comunità in epoca medievale. Al Medioevo risalgono, infatti, i resti del castello normanno e di una piccola basilica a tre absidi, situati nella parte settentrionale dell'antica acropoli. Il parco archeologico situato sul Monte Barbaro restituisce una visione chiara della caratteristica disposizione di questa acropoli, che si sviluppava in due zone suddivise da una sella. La zona di sud-est era residenziale, mentre quella a nord ospitava gli edifici pubblici, tra cui il bellissimo teatro con vista sul mare. Ma ciò che più di ogni altra cosa colpisce gli appassionati di storia antica, nel visitare l'antica Segesta, è certamente l'imponente tempio dorico, uno dei monumenti più perfetti giunti fino a noi dall'Antichità, che domina il paesaggio e si innalza, in maestosa solitudine, su un poggio circondato da un profondo vallone incorniciato da Monte Bernardo e Monte Barbaro, sul quale si trova il teatro. Edificato attorno al 430a.C., il tempio di Segesta presenta proporzioni di rara armonia. Il peristilio ha conservato quasi completamente intatte le sue 36 colonne, in calcare di una splendida tinta dorata, e prive di scanalature. L'assenza di una cella interna ha portato alcuni studiosi a supporre che l'edificio non sia mai stato completato. Il mistero, tuttavia, non è ancora stato chiarito: altri esperti ribattono infatti che la cella interna era il nucleo da cui abitualmente iniziava la costruzione di un tempio. La sua assenza, oltre alla mancanza di un qualsiasi riferimento alla divinità cui il tempio era dedicato, aprono molti interrogativi sulle reali funzioni svolte da questo edificio. La strada che sale verso il teatro (circa due chilometri percorribili a piedi o anche con una comoda navetta) offre una magnifica vista su questo “peristilio pseudotemplare”. Prima di giungere al teatro, sulla destra, si incontrano i resti dell'Eremo di San Leone, una cappella rurale edificata nel 1442 dai cittadini di Calatafimi, frequentata probabilemte da pastori. L'edificio, dotato di una sola abside, fu eretto sulle rovine dell'antica basilica triabsidata, forse di origine normanna. Alle sue spalle, sull'orizzonte, si stagliano le rovine del castello, pure normanno, che ospitò il suo signore e padrone agli inizi del XIII secolo. L'ampio teatro panoramico, invece, fu costruito nel III secolo a.C., in età ellenistica, ma sotto la dominazione romana. Il perfetto e vasto emiciclo, con i suoi 63 metri di diametro, è adagiato su un pendio roccioso. I gradini sono orientati verso le colline dietro le quali, sulla destra, si intravede il Golfo di Castellammare. Ogni due anni, in estate, il teatro di Segesta rivive e si riempie di spettatori, desiderosi di riassaporare il fascino senza tempo delle opere immortali scritte dai più grandi tragediografi e commediografi greci e romani. Ma attorno all'emiciclo, il parco archeologico ha da offrire più di una sorpresa: dai recenti scavi sono infatti emerse, fra l'altro, tracce di una comunità risalente addirittura all'età preistorica. Sempre alle pendici del Monte Barbaro, poi, si snodano le rovine di diverse cinte murarie, succedutesi nei secoli, i resti di numerose fortificazioni, di un abitato rupestre risalente al XI secolo a.C. e di una moschea costruita nel pieno della dominazione normanna.