Un itinerario piuttosto breve, dalla costa ionica calabrese alle estreme propaggini meridionali del Pollino, consente di scoprire la storia, il paesaggio e l'arte di un territorio leggendario: la Piana di Sibari. La fertilità della più estesa pianura calabrese, che nel 720a.C. attirò i primi coloni Achei fondatori di Sybaris, è testimoniata ancora oggi dal verde della macchia mediterranea, da uliveti e agrumeti rigogliosi. Fu appunto in virtù dell'eccellente posizione geografica che la colonia greca di Sibari era celebrata nella madrepatria (e più tardi in tutto il mondo antico) per la sua ricchezza, l'opulenza e lo stile di vita dei suoi abitanti. Una prosperità naturalmente invidiata dalla vicina Crotone che, nonostante l'inferiorità militare, riuscì a distruggere completamente la città nel 510a.C., giungendo al punto di deviare il corso del fiume Crati, che bagnava la pianura, pur di cancellare la minima traccia della potenza di Sibari. Forse da questo accanimento deriva la difficoltà nel recuperare le tracce della prima colonia, dagli scavi del Parco Archeologico di Sibari che si incontra percorrendo la Statale 106 Ionica, mentre abbondano le vestigia della seconda città fondata dagli esuli in età ateniese, e quelle di Sybaris-Copia, l'insediamento sorto in epoca romana. Nel Parco del Cavallo, in particolare, gli scavi iniziati negli anni '30 hanno portato alla luce le principali arterie urbane, un teatro romano e ricche dimore pavimentate a mosaico. Più recentemente, però, dal vicino Parco dei Tori è emerso un intero quartiere periferico della Sybaris greca. A tutto ciò si sono aggiunti, come spesso accade per le ricerche archeologiche, i resti di un nucleo della tarda età del Ferro. Gran parte dei reperti sono raccolti nel moderno Museo Archeologico della Sibaritide, progettato da Riccardo Wallach negli anni '90. Qui si ammirano, fra l'altro, i corredi funerari della necropoli protostorica, i paramenti sacri trovati nel Santuario di Atena e una piastra bronzea dedicata a un cittadino di Sibari, vincitore di una gara a Olimpia. Lasciata la statale costiera, ci si addentra nella verde pianura interna, facendo rotta su Cassano allo Ionio, nel cui comune ricadono anche il parco archeologico e il museo. Il centro storico di Cassano, compreso fra due speroni di roccia chiamati rispettivamente “Pietra di Castello” e “Pietra di San Marco”, è ricchissimo di scorci incantevoli. Punto di partenza di un breve itinerario a piedi è la Cattedrale con l'annesso Museo Diocesano: un concentrato di piccoli capolavori d'arte sacra, dipinti, manoscritti e libri antichi. Interessanti anche la chiesa e il convento dei Cappuccini e i ruderi del Castello Ducale costruito su uno dei due spuntoni carsici. Poco fuori dalla cittadina delle Terme Sibarite (molte sono le virtù di queste sorgenti sulfuree) è possibile visitare anche il cinquecentesco Santuario della Madonna della Catena e le Grotte di Sant'Angelo, che offrirono riparo all'uomo del Neolitico. Si prosegue, lungo una strada che serpeggia ai piedi del Pollino, verso Castrovillari. Prima di giungervi si può fare una breve digressione a carattere folcloristico visitando il minuscolo borgo di Civita, tuttora abitato da una comunità albanese emigrata in seguito all'occupazione turca. Un percorso pedonale porta al Ponte del Diavolo, incassato in un'angusta gola rocciosa. Il leggendario ponte a schiena d'asino, un tempo ritenuto frutto di un ingegno sovrumano, è stato di recente ricostruito dopo i danni di un'alluvione. La parte antica di Castrovillari, collegata alla città nuova dal Ponte della Catena, svetta su un poggio e offre panorami irripetibili. Due le piattaforme di osservazione suggerite: il maestoso Castello eretto dagli aragonesi, fondatori della città, e il Santuario di Santa Maria del Castello, un complesso fondato nell'XI secolo. La facciata della chiesa presenta due portali romanici e un bel portico quattrocentesco. Numerose opere d'arte sono custodite all'interno, fra cui tele di Vaccaro e Negroni. Notevoli sono anche la chiesa di San Giuliano, del 1090, e il protoconvento francescano. Ma la cittadina del cosentino deve la sua fama anche all'ottimo vino locale e alla rete di sentieri che si inoltrano nel Parco Nazionale del Pollino. Si imbocca la Statale 105, con il suo percorso tortuoso e affascinante che scende lungo i crinali boscosi dell'Orsomarso, fino a raggiungere il paesino di Lungro, anch'esso caratterizzato da costumi albanesi. Tradizioni che si possono apprezzare nella festa patronale di San Nicola di Mira (6 dicembre), caratterizzata da riti bizantini e rischiarata dalla luce dei kaminet: i falò. Al patrono è dedicata anche l'imponente Cattedrale della fine del Settecento, sorta sui resti di un tempio molto più antico. Parte degli affreschi e delle decorazioni originarie si rit
rovano negli splendidi interni, dove l'arte bizantina si coniuga con le decorazioni contemporanee. Poco distante da Lungro, a circa 500 metri d'altitudine, si incontra infine Altomonte, splendido centro incastrato fra l'estremo lembo del Pollino e i contrafforti della Sila Greca, con vista sulla Piana di Sibari. Non mancano certo le suggestioni artistiche, a cominciare dal Gotico-angioino della chiesa di Santa Maria della Consolazione, con la sua facciata ornata da un ricco rosone e da un portale a sesto acuto. Il Gotico trionfa negli interni, fra le volte a crociera delle cappelle, gli archi slanciati, le monofore che illuminano l'unica navata, le bifore e le trifore dell'abside. Pregevoli sono, qui, le sculture in legno e in pietra e il raffinatissimo mausoleo destinato ad accogliere le spoglie del conte Filippo Sangineto, fondatore del tempio. Da visitare, in paese, anche il convento dei Domenicani, sede del Museo Civico di Arte Sacra, la chiesa seicentesca di San Francesco di Paola, riccamente decorata, e la possente torre normanna in cui è stata allestita una galleria d'arte moderna.