L'ampio ciuffo di penne lunghe ed eleganti che ne adornano il capo la rendono simile a una dama della migliore borghesia degli anni Venti. Ma le lunghe basette e la barbetta pronunciata giocano a sfavore del suo portamento e della sua eleganza. È la gallina Padovana, uno dei miti della cucina veneta, che di recente è stato inserita da Slow Food tra i presidi della cosiddetta “Arca del gusto”, cioè tra i prodotti tipici da salvaguardare e da rilanciare. Il motivo? La bontà delle sue carni, che a Padova ispira tante gustose ricette tradizionali. Eppure, a volerne indagare origini, anche un padovano si troverebbe in forte imbarazzo. L'argomento, infatti, è controverso, anche se pare che la più vanitosa e saporita delle galline sia stata importata dalla Polonia attorno al 1300 dal marchese Giovanni Dondi dall'Orologio, che ne allevò alcuni esemplari nel giardino della sua villa. La padovana di oggi, però, è il frutto di incroci con pollame nostrano. Da un incontro galante con i polli delle campagne di Polverara, ad esempio, è nata la razza omonima che sfoggia un piumaggio più sobrio e, al tempo stesso, più comodo per l'animale che può razzolare agilmente a caccia di cibo. Non meno “stimata” la Gigante Padovana, nata solo nell'Ottocento dall'incrocio di galli Cocincina con galline Polverara. Una descrizione degli inizi del XVII secolo, offerta dal grande naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi nel suo Historia animalium, si concentra sull'aspetto del gallo: corpo multicolore con prevalenza del nero, piume bianche sulla testa, ali nere con riflessi verdi, becco e zampe gialli. Al di là dell'estetica, le pregiate caratteristiche organolettiche di questa specie avicola d'allevamento non sono bastate a metterla al riparo da seri rischi di estinzione. Negli anni cinquanta, infatti, la gallina Padovana era quasi scomparsa, sostituita da specie più produttive ma meno nobili. Solo l'impegno di pochi allevatori locali, membri dell'associazione Pro Avibus Nostris, ne ha permesso il recupero e la valorizzazione. Oggi, finalmente, la Padovana viene riconosciuta come razza pura e deve essere allevata secondo precisi standard che regolamentano la sua alimentazione, lo spazio minimo riservato all'animale perché possa essere definito “ruspante” (almeno quattro metri) e l'età che deve raggiungere prima di essere “sacrificata” per usi alimentari (un anno). Queste norme, che prevedono anche l'apposizione di un marchio a garanzia dell'origine, si applicano nell'intera area di produzione della Padovana, compresa fra le provincie di Padova e Venezia. I risultati della rigida regolamentazione non si sono fatti attendere: il saporito pennuto è tornato di prepotenza sulle tavole venete ed è diventato, in breve, protagonista dei più importanti appuntamenti gastronomici euganei. I ristoratori padovani, depositari di ogni segreto utile a valorizzarne le carni, sanno bene che la Padovana può inserirsi con ottimi risultati in ogni fase del pasto. Come primo piatto si segnala, in particolare, il “risotto ricco alla Padovana”, in cui trovano posto tutte le parti nobili dell'animale, ma anche saporite minestre e brodi proverbiali. Fra i secondi spiccano il bollito e la storica “gallina alla canevra”, la cui ricetta prevede che la Padovana cuocia per ben quattro ore dentro una vescica di maiale (ma va bene anche il comune sacchetto da forno) con una canna di bambù a fare da sfiatatoio. Ma la fantasia degli chef locali si è spinta ben oltre: la gallina Padovana viene ormai proposta anche come antipasto, sotto forma di insalatina tiepida e prelibata. Per preparare un'ottima insalata di Padovana in agrodolce occorrono, oltre alla gallina: una cipolla, 2 gambi di sedano, 4 carote, 2 zucchine, 200g di insalata scarola, 100g di valeriana, 30g di pinoli, 30g di uva sultanina, 40g di mostarda cremonese, 100g di olio extravergine d'oliva, 20g di aceto balsamico, 20g di mostarda veneta, sale. Dopo aver messo a mollo l'uvetta (almeno sei ore), si adagiano in una casseruola una coscia e un petto di gallina, coprendo con acqua e aggiungendo la cipolla, un gambo di sedano e una carota. La cottura deve durare un'ora e mezza circa. Poi si lascia raffreddare la gallina nel suo brodo, la si spolpa e la si taglia a pezzetti. Nel frattempo si lavano la scarola e la valeriana, unendole alla carota rimanente e alle zucchine tagliate a bastoncini, si sbollentano queste verdure e le si lascia raffreddare. Si frulla la mostarda veneta con l'olio, il sale e l'aceto balsamico. La verdura diventa, così, il letto sul quale adagiare la gallina che deve essere irrorata con la salsa, e cosparsa con l'uvetta, i pinoli e la mostarda cremonese tagliata a pezzetti.