Il caciucco è la regina delle zuppe, il piatto più appetitoso e profumato che si possa servire agli amatori del pesce. Ma attenzione, a Livorno è d'obbligo chiamarlo “cacciucco”, perché le cinque “C” simboleggiano le cinque varietà di pesce che la zuppa deve contenere... come minimo. Parola di massaia toscana! Famoso in tutto il mondo, conosciuto in ogni angolo d'Italia, il Cacciucco alla Livornese è il piatto che identifica, più di ogni altro, la cucina labronica. Secondo alcuni esso nacque sui banchi delle “Galere”, come nutrimento per i vogatori alla catena; oppure deriverebbe da una zuppa dei Fenici, diffusa dai pescatori del Mediterraneo. Ma per lo storico livornese di origini siriane Paolo Zalum, il cacciucco sarebbe stato inventato da un guardiano del Fanale, il faro del porto, al quale un editto della Repubblica fiorentina proibiva di friggere il pesce, perché l'olio doveva essere usato per alimentare la luce del faro. Da qui l'idea del cacciucco, che di olio ne richiede poco. Leggende a parte, l'ipotesi più verosimile è quella secondo cui i pescatori, finito il lavoro e venduto il pescato, preparavano un piatto con i pesci rimasti. Col passare del tempo, il Cacciucco livornese è andato sempre più semplificandosi. Sono diminuiti i pesci che ne fanno parte, ma è aumentata, in compenso, la qualità del prodotto finale. Ecco quello che una casalinga livornese impiegherebbe, oggi, per preparare il Cacciucco per quattro persone: un chilo di pesce vario (ad esempio scorfano nero, razza, gallinella, palombo), mezzo chilo di molluschi (polpi, seppie, totani), tre etti di cicale di mare, tre grosse cipolle rosse, dieci spicchi d'aglio, un etto di prezzemolo, dieci foglie di salvia, due etti di pomodori pelati, venti grammi di concentrato di pomodoro, mezzo litro di vino Monteregio Rosso d’annata, fette di pane toscano raffermo, olio extravergine di oliva, sale, pepe e peperoncino. La prima cosa da fare è pulire il pesce: i pesci più grandi vanno decapitati, sviscerati e diliscati, tenendo comunque il tutto gelosamente da parte. Quindi si tagliano i filetti in tranci di medie dimensioni. Si mette metà dell’olio e si fa imbiondire metà delle cipolle, dell’aglio, della salvia e del prezzemolo. Si mettono a cuocere i tranci di filetto, scottandoli e facendoli dorare da ambo le parti, quindi si bagna con un bicchiere di vino, lasciandolo lentamente evaporare. Si aggiungono allora i pelati sfatti, e si lascia sobbollire per alcuni minuti. Tolti dalla casseruola i filetti di pesce, li si conserva al caldo, mettendo da parte la salsa con i pomodori. Nella casseruola si mettono poi tutti i pesci piccoli, i resti di quelli grandi, e le cicale di mare. Si rosola il tutto per una decina di minuti, aggiungendo sale, pepe, e bagnando con due bicchieri di vino. Una volta evaporato il vino, si aggiunge il concentrato di pomodoro e mezzo litro di acqua, lo si lascia ridurre della metà e, infine, lo si passa finemente con un passino. Si versa poi la crema nella casseruola di cottura e si aggiunge a parte la salsa di pomodoro. Ancora a parte, si bolle il polpo tagliato a tranci e se ne conserva l’acqua di cottura. Il trancio del polpo non va gettato nell’acqua bollita, ma infilzato in un forchettone e immerso per varie volte nell’acqua bollente, per poi ritirarlo via rapidamente. Si noterà che il tentacolo tende ad arrotolarsi. Questa operazione serve a evitare che il polpo diventi troppo duro. In un’altra casseruola, infine, si cuociono le seppie e i totani, tagliati a strisce, con l’altra metà dell’olio e degli odori, si bagna con il restante vino e lo si fa evaporare prima di aggiungere l’acqua di cottura del polpo. Il composto va lasciato a bollire fino a ridursi della metà. A questo punto si unisce tutto nella casseruola, si scalda e si regola di sale, pepe e peperoncino. Per un risultato ideale, le fette di pane vanno tostate e strofinate con l’aglio, quindi disposte in ogni piatto: una prima fetta sul fondo e le altre tre in verticale sui bordi. Ora si può distribuire nelle scodelle la zuppa, servendola ben calda.