Una grande villa ottocentesca a tre piani, incorniciata da un incantevole giardino all'inglese, ospita la strepitosa raccolta d'arte di Luigi Magnani, collezionista emiliano noto per il suo impegno nella diffusione e divulgazione delle arti. Sua, dal 1941, era la villa di campagna che attualmente funge da sede della Fondazione a lui intitolata e che si incontra lungo la strada pedemontana da Quattro Castella a Felino, in località Mamiano di Traversetolo (provincia di Parma). Adagiata su un leggero declivio, la Villa di Corte di Mamiano con l'antica masseria, la serra e i corpi aggiunti recentemente chiude a settentrione un tipico parco in stile romantico: dodici ettari di piante monumentali (sequoie, querce, cedri del Libano, tigli, ippocastani) irregolarmente disposte intorno a un pittoresco laghetto artificiale con tanto di isoletta e ponticello in muratura. Al suo interno la villa, inaugurata come sede museale nel 1990, ha conservato gli arredi originari, i mobili e gli oggetti in stile Impero, degna cornice per una delle più straordinarie collezioni private d'Italia. Ne fanno parte capolavori di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Dürer, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Goya, sculture tra cui un'importante Canova, tele degli impressionisti Monet, Renoir, Cézanne, fino ai contemporanei De Pisis, Morandi e Burri. A caratterizzare la Fondazione Magnani Rocca come centro culturale di rilevanza nazionale concorre inoltre la sala polivalente destinata ad accogliere prestigiose mostre temporanee, ma anche conferenze e convegni. Tutti gli ambienti sono dotati di impianti e strutture volte ad assicurare la perfetta conservazione del patrimonio di opere d'arte, comprese quelle in prestito da altri musei. La stretta osservanza del principio virtuoso dell'arte nell'arte è evidente fin dalla prima sala del percorso di visita al museo. Nell'Atrio, davanti all'ampio scalone neobarocco, spicca infatti una coppa in malachite sorretta da tre sfingi in bronzo dorato, realizzata dallo scultore e orafo francese Philippe Thomire per lo zar Alessandro I e successivamente donata a Napoleone. Qui si ammirano due affreschi monocromi a grisaille, opera di Giovan Battista Tiepolo, raffiguranti Il ritrovamento di Mosè e Apollo e Mida. Due opere di altrettanti maestri fiamminghi fanno bella mostra di sé nella Sala Van Dyck, impreziosita dai mobili di Jacob Desmalter. Il Ritratto di Ferdinando Gonzaga dipinto da Rubens nel 1605 è parte della “Pala della Trinità dei Gesuiti di Mantova”, che raffigurava l'intera famiglia Gonzaga. La firma del più celebre allievo di Rubens, Anton Van Dyck, si nota invece sul Giovanni Paolo Balbi a cavallo, che evidenzia anche l'influsso di Tiziano. Pregevoli incisioni di Albrecht Dürer sono raccolte nella sala a lui intitolata. Il pezzo più celebrato è la splendida Madonna col Bambino che l'artista dipinse nel corso del primo viaggio in Italia, sintesi perfetta di stilemi italiani e nordici. Ma in questo ambiente sono esposti anche alcuni dei pezzi più antichi della collezione, in rappresentanza della pittura tardo-medievale italiana. Nella Sala Goya (l'ultima del piano terreno) fra opere di inestimabile valore si incontra il fiore all'occhiello del museo. Si tratta della grande tela raffigurante la Famiglia dell'infante don Luis (figlio di Filippo V), in cui Francisco Goya sembra alludere al declino dell'ancien régime nel ritrarre ciascuna delle figura bagnate da una luce vivida e avvolte nell'oscurità. Il ritratto di famiglia eseguito alla corte del Borbone è considerato una delle più precoci manifestazioni del suo genio. Al piano nobile si visita la Sala degli Impressionisti, dove spicca la serie delle Falaises à Pourville con cui Claude Monet cattura lo scorrere del tempo e il continuo mutare della luce e dei colori. Oltre a due tele di Auguste Renoir, la sala riunisce composizioni risalenti al secondo dopoguerra firmate da autori come Hans Hartung, Jean Fautrier, Wols e Nicolas de Stael. Un olio su tela e cinque acquerelli di Paul Cézanne sono raccolti nella sala omonima. Gli acquerelli, in particolare, evidenziano la straordinaria trasparenza dei colori, ottenuta attraverso una tecnica sviluppata da Cézanne nel periodo della maturità. Ci si addentra nel XX secolo attraverso la Sala del Novecento italiano, per ammirare un nutrito nucleo di opere di Filippo de Pisis, uno dei celebri Sacchi di Alberto Burri, una tipica composizione metafisica di Giorgio De Chirico, ma anche creazioni di Guttuso, Mafai, Manzù, Mattioli, Leoncillo e Severini. Ben due ambienti sono infine dedicati rispettivamente alle opere pittoriche e grafiche di Giorgio Morandi, grande amico di Magnani. Il percorso artistico del pittore e incisore bolognese è ottimamente documentato da una ricchissima raccolta di opere (oli, acquerelli, disegni e incisioni) tra cui un autoritratto, due paesaggi e un raro pezzo del suo breve periodo metafisico.