È allestito a L'Aquila, entro le possenti mura del Castello Spagnolo, il Museo Nazionale d'Abruzzo con il suo articolato repertorio di collezioni che spaziano dall'arte sacra a quella moderna e contemporanea, dalla paleontologia all'archeologia. Quello che comunemente si definisce castello è, in realtà, una fortezza eretta nel Cinquecento, nel più genuino stile aragonese, a guardia delle mura dell'Aquila (ma anche a scoraggiare le ribellioni della popolazione locale). A progettare l'imponente struttura difensiva fu chiamato Pirro Aloisio Escrivà, l'architetto militare dell'imperatore Carlo V, che realizzò a Napoli il Castello di Sant'Elmo. Intrapresi nel 1532, i lavori si protrassero per oltre trent'anni e gravarono interamente sulla popolazione aquilana che dovette sopportare sacrifici enormi, fino alla requisizione delle campane delle chiese. Nel 1567 fu posta l'ultima pietra della temibile fortezza a pianta quadrata, con i quattro bastioni a punta di lancia protesi verso i punti cardinali. Il Castello Spagnolo recepiva le più avanzate innovazioni nel campo dell'architettura militare. Un esempio è dato dalle coppie di “orecchioni” semicilindrici che raccordano i bastioni con il corpo centrale, progettati per raddoppiare il fuoco di fiancheggiamento delle cannoniere. Le muraglie, larghe dieci metri alla base del forte, si assottigliano fino a raggiungere lo spessore di cinque metri in cima alle cortine. Un ampio fossato impediva comunque che gli assalitori si avvicinassero alle mura. Di fatto, il castello non fu mai chiamato a dispiegare il suo potenziale bellico, pur esercitando una chiara funzione deterrente. Passando sul robusto ponte in pietra, che scavalca il fossato sul lato di sud-est, si giunge presso il bel portale marmoreo realizzato da Pietro di Stefano. Le due arcate sovrapposte sono sormontate da una sofisticata riproduzione dello stemma di Carlo V: l'aquila bicipite che costituiva anche l'insegna del Sacro Romano Impero. Dagli anni '50 la fortezza è stata oggetto di un'attenta opera di recupero che oggi consente di ospitare, oltre alle varie sezioni del museo, anche eventi culturali e concerti. La visita al Museo Nazionale d'Abruzzo comincia dal piano cortile. Qui, nel bastione orientale, è raccolta la collezione paleontologica il cui pezzo forte è certamente lo scheletro dell'Elephas meridionalis vestinus, il sensazionale reperto fossile riemerso nel 1954, proprio nei pressi dell'Aquila. Le dimensioni dello scheletro quasi completo (inizialmente scambiato per un mammut) superano i quattro metri in altezza e i sei metri in lunghezza. La casamatta superiore del bastione meridionale ospita, invece, la sezione archeologica, comprendente ritrovamenti dell'età del Ferro e dell'epoca romana, derivanti dagli scavi di Amiternum, accanto a testimonianze di altri popoli italici. Qui spicca il calendario amiternino, una lastra di pietra del I secolo che indica i giorni feriali, i festivi e quelli di mercato. Salendo i gradini dello scalone d'onore si accede al primo piano, dove un tempo erano ubicati gli appartamenti del governatore. Nei dieci ambienti del piano nobile inizia il percorso attraverso l'Arte sacra, soprattutto abruzzese, dall'alto Medioevo fino al Cinquecento. Meritano particolare attenzione, nella quinta sala, il polittico a tempera quattrocentesco di Jacobello del Fiore, raffigurante la Madonna col Bambino e Santi con Redentore, e il Trittico di Beffi, un dipinto a tempera su fondo in oro dello stesso periodo, acquisito dalla chiesa di Santa Maria del Ponte di Tione. Dalla chiesa aquilana di San Bernardino proviene, invece, il polittico di San Giovanni da Capestrano e storie della sua vita, che si incontra nella settima sala. Poco oltre, nella nona sala, si ammira la Madonna in trono con il Bambino dipinta dal cosiddetto “Maestro dei Polittici Crivelleschi”. Nel corridoio è posta la prima tela attribuita a Mattia Preti, uno dei protagonisti della pittura seicentesca italiana: il Battesimo di Sant'Agostino. Quattro opere del “Cavaliere Calabrese” si possono ammirare al secondo piano, nella sala dedicata alla Collezione Cappelli. Questa raccolta, donata al Comune di L'Aquila dal marchese Francesco Cappelli di Torano, comprende anche altri capolavori come la Sant'Agata e la Sacra Famiglia di Andrea Vaccaro, la Maddalena di Jusepe de Ribeira e il Trionfo di Carlo III di Borbone di Francesco Solimena. Sempre al secondo piano sono custodite opere di pittori fiamminghi come Jan Cornelisz Vermejn (Sacra Famiglia), operanti a L'Aquila attorno alla metà del Cinquecento. La sesta sala è interamente dedicata alle tele del tedesco Karl Ruthard, che evidenziano l'influenza di Rubens, mentre fra i pittori aquilani spicca Francesco da Montereale, le cui opere sono raccolte nella prima sala. Da visitare, inoltre, la sezione di Oreficeria e tessuti, dove si ammirano capolavori dell'arte orafa come la croce processionale del Duomo dell'Aquila, di Nicola da Guardiagrele, e la sezione di Arte moderna e contemporanea, arricchitasi negli anni con opere di numerosi autori fra i quali Guttuso, Cascella, Brindisi e Spoltore.