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Martedì, 30/05/2023
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La Rotonda di Andrea Palladio


Villa Almerico, Capra, Conti Barbaran, Albertini, Zannini, Valmarana: molti nomi per un unica villa-tempio, la più celebre fra le residenze signorili progettate da Andrea Palladio, meglio conosciuta come La Rotonda. La villa in forma di cubo sormontato da una cupola, con quattro facce identiche precedute da un pronao, sorge su una collinetta appena fuori dalle mura di Vicenza, all'inizio della Riviera Berica. Più che una villa, La Rotonda doveva essere una dimora suburbana per il suo committente e primo proprietario, il canonico Paolo Almerico. E infatti lo stesso Palladio, nei Quattro libri, la annovera fra i palazzi. Al momento della sua morte, nel 1580, l'edificio è già abitabile ma sarà completato pochi anni più tardi da Vincenzo Scamozzi. Per quello che resterà uno dei suoi massimi capolavori, Palladio trae ispirazione direttamente dal Pantheon di Roma. L'idea di un edificio in pianta centrale scaturito dalla compenetrazione del cubo e della sfera, tanto innovativa per l'architettura civile, sarà poi ripresa in molte altre dimore prestigiose come la Chiswick House londinese (classico esempio di neopalladianesimo britannico) e la casa di Thomas Jefferson in Virginia. Fra gli artisti stregati dalla suprema eleganza e armoniosità della costruzione figura anche il regista Joseph Losey, che nel 1979 vi girò il Don Giovanni. Oggi La Rotonda si mostra al pubblico in tutto il suo splendore, grazie anche alle cure dei conti Valmarana, cui appartiene dal 1920. Anche senza il coronamento del suo giardino adorno di statue, la villa sarebbe perfettamente integrata con il paesaggio della campagna circostante, secondo la filosofia dell'architetto padovano. I quattro spigoli corrispondono ai punti cardinali. Ogni pronao conta sei colonne ioniche ed è preceduto da una scalinata fiancheggiata dalle statue di Lorenzo Rubini. Sui frontoni svettano figure di divinità classiche. L'interno svela tutto l'estro architettonico di Palladio: al piano nobile quattro corridoi convergenti immettono nella grande sala circolare al centro, coperta dalla cupola e concepita come uno spazio aperto. In ciascuno dei quattro settori separati dai corridoi è ricavata una sala d'angolo affiancata da un camerino e da una scala. Numerosi artisti parteciparono alle decorazioni dei vari ambienti: di Anselmo Canera sono gli affreschi della cupola e di una delle sale angolari; di Eliodoro Forbicini le grottesche dei camerini. Altre sale sono affrescate da Alessandro Maganza mentre quella centrale e i corridoi presentano i dipinti realizzati alla fine del Seicento da Ludovico Dorigny. Le statue sono opera di Lorenzo Rubini e Giovanni Battista Albanese. Le decorazioni plastiche vengono attribuite a parecchi maestri tra cui Ottavio Ridolfi, Domenico Fontana e Alessandro Vittoria. Nel complesso un apparato decorativo in grado di reggere il confronto con l'unicità del progetto architettonico, non a caso dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.

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