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Sabato, 09/11/2024
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Napoli: la Cappella Sansevero

giuseppe sanmartino - cristo velato

L'odierna chiesa di Santa Maria della Pietà, che si incontra nel cuore di Spaccanapoli, nacque nel 1590 come cappella della famiglia Sansevero, accanto al Palazzo Sansevero. L'assetto attuale e le decorazioni di questo luogo di culto importante e prezioso si devono però interamente alla figura enigmatica del principe di Sansevero Raimondo di Sangro, letterato, inventore, alchimista e massone che, nel 1742, commissionò un radicale restauro cui presero parte i maggiori artisti operanti a Napoli. Il meno noto fra questi era Francesco Maria Russo, autore del sorprendente affresco della Gloria dello Spirito Santo che copre la volta dell'unica navata rettangolare. La vivacità dei colori è forse merito di una particolare miscela sintetizzata dallo stesso Raimondo di Sangro e utilizzata per l'affresco. Il motivo di maggior interesse, tuttavia, è dato dalla gran quantità di sculture pregevoli forgiate dai maestri partenopei per adornare le cappelle laterali, fra marmi policromi e fastose prospettive architettoniche. Ciascuna delle otto cappelle doveva infatti celebrare la memoria di un antenato del principe e della sua consorte, da effigiare come personificazione di una virtù. In particolare nel Presbiterio è collocata la scenografica Deposizione scolpita da Francesco Celebrano, con ai lati due angeli realizzati da Paolo Persico. Le due cappelle che si aprono ai lati del presbiterio, poi, sfoggiano altrettante meraviglie plastiche. A sinistra la statua della Pudicizia velata, opera dell'ottantaquattrenne Antonio Corradini dedicata alla madre di Raimondo Sansevero, prematuramente scomparsa: il marmo sembra perdere le sue intrinseche proprietà nel sottilissimo velo che aderisce al corpo della donna e nelle tenui pieghe che discendono dal suo volto. A destra Il Disinganno di Francesco Queirolo è un'altra testimonianza di straordinario virtuosismo tecnico, dedicata al padre del principe: l'uomo che sfugge all'oppressione di una rete, con l'aiuto di un genietto alato, simboleggia la liberazione dal peccato. Al centro dell'aula rettangolare, fra le opere di Corradini e Queirolo, è adagiato il capolavoro più ammirato, la cui fama si identifica con quella della Cappella Sansevero. Si tratta del Cristo velato scolpito nel 1753 da Giuseppe Sanmartino. L'estrema sofferenza di Cristo trapela con straordinario realismo attraverso le pieghe del sudario che esalta, anziché coprire, il tormento del corpo adagiato su guanciali e su un materasso di marmo bianco. In passato si riteneva che la scultura ricalcasse i bozzetti disegnati dal Corradini, ma il ritrovamento delle bozze originali attribuisce al Sanmartino la piena paternità di quest’opera, fortemente invidiata da Antonio Canova che tentò invano di acquistarla durante un suo soggiorno a Napoli. Lo scultore di Possagno dichiarò che avrebbe rinunciato al suo nome pur di esserne l'autore. Una porta e una scalinata nel fianco destro della cappella conducono alla Cavea Sotterranea. Qui si conservano due agghiaccianti testimonianze degli esperimenti anatomici e scientifici condotti dal principe di Sansevero. Il ritrovamento delle cosiddette “macchine anatomiche” contribuì non poco ad alimentare le leggende fiorite attorno al personaggio. Le macchine sono in realtà due scheletri rivestiti dell'intero sistema circolatorio e degli organi principali. Secondo la tradizione, il Sansevero sarebbe riuscito a conservare l'apparato venoso e arterioso dei corpi “metallizzandolo”, mediante l'inoculazione di una sostanza di sua invenzione.

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