A Fernandez ruiz de Castro, viceré di Napoli agli inizi del Seicento, si deve la costruzione del grandioso Palazzo Reale che attraverso i secoli avrebbe ospitato, oltre alle autorità e ai sovrani spagnoli in visita nella città partenopea, anche i sovrani austriaci, i Borboni, i Savoia e, nel periodo napoleonico, Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte. Già al tempo della fondazione, dunque, il palazzo era inteso come un concentrato d'arte finalizzato a esprimere e celebrare la maestà e il potere del re di Spagna (in quegli anni Filippo III) in una delle città più popolose dei suoi domini. Una residenza fastosa, smisurata e confortevole, completamente diversa dai castelli e dalle fortificazioni in cui erano arroccati i sovrani angioini e aragonesi. La scelta del luogo per la costruzione del palazzo, che oggi si affaccia su Piazza Plebiscito, cadde sulla zona a sud-ovest della città antica, presso il nuovo quartiere residenziale di Chiaia. Il progetto fu affidato a uno dei più celebri architetti del tempo, Domenico Fontana, già alle dipendenze di Sisto V. Nel disegno di Fontana, a partire dal prospetto dell'edificio, si ritrovano tutti i canoni estetici tardo-rinascimentali. Criteri evidenti ancora oggi, soprattutto nella lunghissima facciata principale (169 metri) nonostante i lavori di costruzione e le modifiche alla residenza si protraessero fino al XIX secolo. Sul basamento porticato si sviluppano due ordini di finestre scandite da frontoni e lesene e dall'uso alternato del mattone e del piperno. Ai tre piani corrispondono altrettanti ordini architettonici: il tuscanico, il dorico e il corinzio. L'aspetto odierno del porticato deriva anche dalle modifiche apportate nel Settecento da un altro celeberrimo architetto, Luigi Vanvitelli, chiamato ad incrementare la solidità dell'edificio chiudendo metà delle arcate e creando una successione alternata di archi e nicchie. In queste ultime i Savoia collocarono otto statue in omaggio ai più importanti sovrani della storia di Napoli: Ruggiero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d'Angiò, Alfonso I d'Aragona, Carlo V, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat, Vittorio Emanuele III. Fra il 1607 (anno della morte di Domenico Fontana) e il 1852, al Palazzo Reale lavorarono i più importanti architetti del Regno di Napoli, da Giulio Cesare Fontana a Domenico Antonio Vaccaro, dal già citato Vanvitelli a Ferdinando Fuga e a Gaetano Genovese, con cui i lavori giunsero finalmente al termine. Tutti si attennero all'idea del Fontana, peraltro documentata nella sua “Dichiarazione del Nuovo Regio Palagio cominciato nella Piazza di San Luigi”, stilata tre anni prima della morte. Anche il cortile d'onore mantiene l'impronta manieristica originaria. Vi si accede dall'ingresso principale, giungendo davanti alla fontana con la statua della Fortuna, aggiunta nell'Ottocento. A sinistra si stendono i Giardini, un'area già adibita a verde ma straordinariamente arricchitasi a partire dal periodo dei viceré, con statue, viali, piante rare e giardini segreti. A destra si aprono il Cortile delle Carrozze e il Cortile del Belvedere. La visita all'Appartamento Storico inizia salendo il meraviglioso scalone monumentale realizzato nel 1651 dal Picchiatti, completamente rivestito da marmi e stucchi che ne esaltano la luminosità e lo splendore. Il livello inferiore è decorato con elementi marmorei bianchi e rosati, bassorilievi allegorici e trofei militari. Più in alto svettano le statue della Fortezza, della Giustizia, della Clemenza e della Prudenza. Il percorso attraverso l'Appartamento Reale non regala solo uno spaccato storico affascinante della “vita regale” a Napoli, fra Borboni e Savoia. Al suo interno si conservano, infatti, piccoli e grandi tesori d'arte di ogni genere, sopravvissuti anche ai saccheggi dell'ultima guerra. Si va dai grandi cicli di affreschi manieristici a tema storico e celebrativo alle ricchissime decorazioni aggiunte sotto Carlo di Borbone. Statue, stucchi, arazzi e gli arredi neoclassici voluti da Gioacchino e Carolina Murat. Il lungo percorso di visita comprende, fra l'altro, quasi tutte le sale più antiche e ricche, destinate a funzioni di governo e rappresentanza. Punto di partenza è il raffinatissimo Teatrino di corte creato da Ferdinando Fuga (il progettista del San Carlo) e decorato da dodici statue in cartapesta di Angelo Viva. Attraverso la Sala Diplomatica, decorata con numerosi dipinti e con arredi neobarocchi, e una successione di anticamere non meno fastose, si raggiunge la Sala del Trono in cui il re riceveva delegazioni e ospiti. Si attraversa, quindi, uno degli ambienti più antichi e suggestivi: il Salone degli Ambasciatori con l'imponente ciclo di affreschi raffigurante i Fasti della Casa di Spagna in 14 riquadri. Nel Ciclo di Marianna d'Austria, aggiunto solo vent'anni più tardi, si nota invece lo stemma degli Asburgo. Dall'Oratorio di Maria Cristina si esce sul Giardino Pensile o Belvedere, che offre una della panoramiche più spettacolari sul Vesuvio, sul Golfo di Napoli e sulla Penisola Sorrentina fino a Capri. Gli ambienti successivi sono allestiti secondo criteri tematici: la pittura fiamminga nella XII sala, il Seicento napoletano nella XIV, la pittura paesaggista nella XV, fino alla Sala di Luca Giordano dove il maestro partenopeo dipinse una serie di “battaglie”. Nella XVIII sala, dedicata alla pittura emiliana seicentesca, si ammirano tele della collezione Farnese, fra cui una del Guercino (Il Sogno di San Giuseppe). Nel Salone d'Ercole, divenuto sala da ballo nell'Ottocento, sono disposti i ritratti dei Viceré e gli arazzi realizzati dalla Reale Fabbrica di Napoli sul mito di Amore e Psiche. Un concentrato d'arte sacra è la Cappella Reale, con cui si conclude l'itinerario: qui spiccano soprattutto le scenografiche decorazioni lignee dell'abside, l'Assunzione dipinta da Domenico Morelli sul soffitto (1863) e sopra ogni cosa, l'altare maggiore: un capolavoro barocco in pietre dure e bronzo dorato, realizzato da Dionisio Lazzari nel 1687.