Nei pressi di corso Vittorio Emanuele II, in Piazza Sant'Andrea della Valle, sorge la chiesa omonima, costruita a partire dal 1591, per celebrare il titolo feudale della famiglia Piccolomini, prima committente della sua realizzazione. I lavori, affidati inizialmente a Pier Paolo Olivieri, passarono all'architetto Carlo Maderno, che era deciso ad erigere un tempio capace di rivaleggiare con San Pietro. In effetti, la cupola di Sant'Andrea fu seconda solo alla basilica pontificia, sia per ampiezza che per eleganza. La chiesa era già stata consacrata quando, nel 1655, Carlo Rainaldi si dedicò alla realizzazione del prospetto, assistito da Carlo Fontana. Di gusto tipicamente tardo barocco, la facciata è in travertino, alta e imponente, divisa in due ordini scanditi da colonne e lesene corinzie. Al centro, un elegante finestrone sovrasta il portale, mentre ai lati si aprono nicchie con statue e finte finestre. Le statue nelle nicchie furono scolpite da Domenico Guidi (san Gaetano e san Sebastiano) e da Ercole Ferrata (sant'Andrea Apostolo e sant'Andrea d'Avellino). Lo stesso Ferrata realizzò l'angelo che svetta sul fianco sinistro del secondo ordine e sembra sorreggere la facciata. Un curioso aneddoto racconta che Papa Alessandro VII non nascose il suo malcontento per l'asimmetria determinata dall'assenza di una figura analoga sul lato destro. Gelida fu la risposta dello scultore: “Se vuole un altro angelo, se lo faccia da solo!”. La maestosa cupola progettata dal Maderno poggia su un tamburo ottagonale, con gli spigoli segnati da colonnine binate. Di grande respiro anche l'interno: appena entrati in chiesa si percepisce la struttura a croce latina, con una sola navata chiusa dalla volta a botte affrescata e dalla cupola. Nella navata si aprono otto cappelle intercomunicanti. La prima a sinistra è nota come “Cappella Barberini”, dal nome del committente (Matteo Barberini, che sarebbe divenuto papa col nome di Urbano VIII), ma anche come “Cappella della Tosca”. Qui è ambientato, infatti, il primo atto dell'opera di Puccini. La bella pala che orna l'altare è opera di Domenico Passignano. Nella chiesa riposano le spoglie di due papi (Pio II e Pio III Piccolomini) e quelle del celeberrimo monsignor Giovanni della Casa, autore del Galateo. Numerose le opere d'arte custodite fra queste mura: dalle fastose decorazioni barocche del presbiterio, opera di Alessandro Algardi, alla Crocifissione, Martirio e sepoltura di sant'Andrea, di Mattia Preti; dal gruppo scultoreo di Ercole Antonio Raggi, che impreziosisce la “Cappella Lancellotti” realizzata dal Fontana, alle belle copie in bronzo di due opere michelangiolesche, attribuite a Gregorio De Rossi. E ancora: le statue dell'Abbondanza e della Sapienza, di Giulio Tadolini, e il San Sebastiano dipinto da Giovanni De Vecchi (purtroppo in cattivo stato di conservazione). Su tutto, però, risplende l'opera di due grandi maestri del periodo: Giovanni Lanfranco e il Domenichino, che lavorarono contemporaneamente (probabilmente in competizione) alle decorazioni pittoriche del tempio. Mentre Lanfranco realizzava la Morte di sant'Andrea d'Avellino, nel transetto destro, e si incaricava di affrescare l'interno della cupola, Domenichino dipingeva le figure degli Evangelisti nei “pennacchi” alla base della cupola stessa, le Storie di sant'Andrea e la Virtù nell'abside. Se dalla sfida fra questi due insuperabili caposcuola del Barocco poteva emergere un vincitore, questi fu Giovanni Lanfranco, che conquistò l'ammirazione generale realizzando uno dei suoi più grandi capolavori: l'Assunzione della Vergine nella Gloria del Paradiso, che si ammira nella luminosa cupola. Già gli artisti contemporanei del pittore parmense riconobbero il valore innovativo dell'opera: all'interno dello spazio reale da dipingere se ne crea uno fittizio, destinato ad accogliere la rappresentazione sacra. I personaggi sono disposti in un vortice che segue, però, una precisa gerarchia. La tecnica, l'accentuazione dei chiaroscuri e l'illusionismo prospettico concorrono a “imprigionare” lo sguardo dei fedeli e di qualsiasi visitatore. La figura principale della composizione è, naturalmente, la Madonna, le braccia spalancate e lo sguardo rivolto in alto. Le nubi su cui poggia sono sostenute e issate verso il cielo da una schiera di angeli. A sinistra della Vergine si trovano sant'Andrea Apostolo (titolare della chiesa) e sant'Andrea d'Avellino, mentre figure del Vecchio e Nuovo Testamento coesistono in un gruppo di santi, profeti e patriarchi fra cui spicca la figura di Abramo, ispirata all'immagine di san Pietro che il Correggio dipinse per la cupola di San Giovanni Evangelista, a Parma. A destra si nota il gruppo composto da san Pietro, san Sebastiano e Gaetano da Thiene. Nel secondo giro della cupola, poi, il ritmo cresce al pari della vicinanza a Dio: un gruppo di angeli musicanti accompagna la Gloria, mentre il lanternino è circondato da sette angioletti che reggono una ghirlanda di fiori e frutti. Al centro, Cristo vestito di bianco intrattiene con Maria un colloquio sul filo degli sguardi.