Sintesi armonica di stili, dal normanno al romanico, con chiari influssi bizantini, la Cattedrale di Gerace è il più vasto edificio di culto della Calabria. Il suo fascino si identifica con quello della cittadina, arroccata nell'entroterra di Locri (la si raggiunge attraverso una serie di tornanti) e famosa per la moltitudine di chiese antichissime e per il suo centro storico. Quest'ultimo è un reticolo di piazzette e cortili, ciascuno dei quali delimitato dalle facciate di chiese in prevalenza bizantine, di conventi e di palazzi nobiliari. La Cattedrale dell'Immacolata, però, non può essere ammirata nella sua interezza. Con la sua superficie di 1.868 metri quadrati, la basilica appare letteralmente incastrata fra gli edifici del Borghetto, sorti in epoche diverse nella parte alta del paese. Ma la sua duplice abside che sporge in Piazza Tribuna, accanto all'Arco dei Vescovi, è l'elemento architettonico che più aiuta a comprendere le proporzioni monumentali della costruzione. Oggi la si può ammirare in quello che doveva essere il suo splendore originario, grazie ai fedeli restauri effettuati dopo la seconda guerra mondiale, eppure la sua storia è un susseguirsi di danneggiamenti e crolli che culmina con il terremoto del 1783 e con il conseguente abbandono. In quegli anni ci fu anche chi propose di abbattere la chiesa per fare posto a una piazza più ampia. Il progetto, per fortuna, non ebbe seguito. Qualche altra vicenda, o forse un rifacimento d'impronta normanna, coinvolse la Cattedrale anche in pieno Medioevo. Si spiegherebbe così il mistero delle due consacrazioni: la prima, attestata dalle cronache e da un'iscrizione su una colonna (oggi perduta), nel 1045. La seconda, un po' più incerta, sarebbe avvenuta nel 1222, addirittura alla presenza dell'imperatore Federico II di Svevia, di passaggio a Gerace. Le absidi, invece, sono addirittura tre: infatti quella di destra, in cui si apre un portale tardo-barocco, è in realtà la centrale, mentre quella alla sua sinistra, antica quanto l'edificio, fu coperta dall'arco. L'ingresso abituale in chiesa non avviene attraverso il portale dell'abside (da cui si accede alla cripta) e neppure dal maestoso portale ad archi concentrici che si apre nella facciata in stile romanico. Bisogna percorrere il portico sul fianco sinistro dell'edificio per trovare il grazioso “portalino” di San Giuseppe, da cui si può passare anche nella corte che racchiude la massiccia torre campanaria in pianta quadrata. L'interno ha perso naturalmente i suoi affreschi ma non la sua solenne grandiosità: Nel caratteristico impianto a croce latina, le tre vaste navate che compongono il braccio più lungo della croce sono divise da due fughe di dieci colonne in marmo policromo e granito. Colonne e capitelli, tutti diversi tra loro, provengono dalle rovine della Locri magnogreca. Del resto furono proprio i locresi a fondare Gerace, al riparo dalle scorrerie dei Saraceni. Sopra le possenti arcate a tutto sesto, le tonalità scure del soffitto a capriate in legno spiccano per contrasto rispetto al candore delle pareti. L'influsso bizantino è evidente nell'area del transetto, che sporge rispetto alle navate laterali ed è coperto da una cupola, come pure nella disposizione delle absidi semicircolari. Tra le opere d'arte tuttora presenti in chiesa spiccano alcuni monumenti funerari, fra cui il sarcofago di Giovanni e Battista Caracciolo (nell'ala destra del transetto), la cappella del SS. Sacramento, in stile gotico, della prima metà del Quattrocento (in fondo alla navata destra) e il bell'altare maggiore in marmi policromi, opera settecentesca di maestranze siciliane. Nonostante una lunga lista di furti di tele e arredi sacri, il Tesoro della Cattedrale conserva oggetti d'arte di valore inestimabile. Gran parte degli arredi sacri sono custoditi nella suggestiva cripta bizantina, cui si accede dal braccio sinistro del transetto. Ventisei colonne, anch'esse provenienti da ville e templi di età imperiale, sorreggono la volta del nucleo più antico della Cattedrale, scavato nella roccia nell'VIII secolo. Nel tipico impianto a croce greca sono state ricavate, nei secoli successivi, la piccola cappella della Madonna dell'Itria, con volta a botte e decorazioni in marmo, l'altare con la splendida statua raffigurante la Vergine col Bambino che gioca con una colomba (opera trecentesca dell'artista senese Tino da Camaino) e la cappella di San Giacomo, che ospita il Tesoro. Il pezzo più prezioso è forse una croce templare finemente lavorata, fabbricata a Gerusalemme nel XII secolo. Ma qui si ammirano anche un ostensorio in argento dorato e pietre dure, un calice in filigrana, una statua dell'Assunta in argento realizzata nel Settecento a Napoli, oltre a paramenti sacri e pregiati tessuti in oro e argento, forgiati dalle mani di artigiani locali.