A poca distanza da San Marino, lungo la linea di confine fra Marche e Romagna, si erge un massiccio sperone roccioso affacciato sulla valle del Marecchia. In cima a questa parete verticale alta più di 600 metri, conosciuta già dai Romani come postazione difensiva ideale, è appollaiata la fortezza millenaria di San Leo. Il nome ricorda il santo del IV secolo che fece di questo luogo il punto di partenza per la diffusione del cristianesimo nella regione. Ma lungo tutto il Medioevo, questo borgo avrebbe giocato un ruolo di primo piano nelle guerre e nelle lotte di potere fra chiunque aspirasse a estendere il proprio potere sul suolo italiano. Un antico detto popolare sintetizza l'importanza rivestita dal castello: “Un sol Pèpa, un sol Dè, un sol Fort d'San Lé”. Dante e Machiavelli contribuirono ad alimentarne la fama di imprendibilità. Una fama diffusasi probabilmente a partire dal 962d.C., quando re Berengario II, rifugiatosi fra queste mura, resistette per parecchi mesi all'assedio di Ottone I. In quel periodo San Leo assunse addirittura il titolo di capitale d'Italia. Nei secoli successivi, la fortezza fu contesa dai casati più potenti della penisola (dai Montefeltro ai Malatesta) e fu per alcuni anni gestita dall'abile e temuto cardinale Albornoz, diplomatico del papato avignonese. Ma il luogo raggiunse il suo massimo splendore e il più alto valore strategico quando, nella seconda metà del XV secolo, il giovane Federico da Montefeltro avviò una serie di opere di rimaneggiamento e di fortificazione sotto la supervisione del più grande architetto militare del tempo: Francesco di Giorgio Martini. A questi lavori si deve l'attuale aspetto del forte, che si sviluppa su due livelli. Sulla sommità svetta il poderoso mastio (il torrione principale) la cui sagoma allungata si protende verso oriente. Più in basso furono innalzati due torrioni, collegati da una cortina dal profilo spezzato: un complesso di forme articolate e complesse, talvolta apparentemente in contrasto fra loro. Qui si ritrovano tutti gli elementi architettonici caratteristici del genio di Siena, che fecero di San Leo un “mirabile arnese di guerra”. Forse per questo Cesare Borgia ricorse a ogni mezzo per impadronirsene: nel 1502, sostenuto da papa Alessandro IV, il “Valentino” riuscì nel suo intento, servendosi di uno degli stratagemmi che lo resero famoso. Nel 1527 gli subentrarono i Della Rovere, duchi di Urbino, finché, con la devoluzione del ducato allo Stato Pontificio, nel 1631, la fortezza finì sotto il controllo diretto del papa. Terminò così la gloriosa storia militare della fortezza, che divenne un carcere di massima sicurezza. Ma la sua nuova funzione era destinata ad alimentarne l'alone di leggenda, per mezzo del suo “ospite” più illustre: l'alchimista Giuseppe Balsamo, meglio noto come conte di Cagliostro. Condannato a morte per eresia e sedizione dal Sant'Uffizio, Cagliostro fu graziato ma recluso per il resto dei suoi giorni in una cella di San Leo, dove morì nel 1795. Una leggenda afferma che il cadavere non sarebbe mai stato sepolto, e che lo spettro del mago vaghi tuttora nel forte. Ma ciò che, più di ogni altra cosa, attira migliaia di visitatori in questo luogo è la sua intrinseca bellezza, lo splendore dell'edificio che, finalmente liberato da alcuni discutibili rimaneggiamenti ottocenteschi, ha recuperato il suo fascino originario. La visita al borgo inizia necessariamente presso l'unica porta di accesso, attraverso cui si raggiunge il centro del paese: piazza Dante. Sulla piazza si affaccia la Pieve di Santa Maria Assunta, il più antico luogo di culto del Montefeltro. Al suo interno si conserva un prezioso ciborio donato dal duca Orso nell'anno 882. Altri pregevoli monumenti delimitano la piazza: il Municipio (già residenza dei Montefeltro e dei Della Rovere), Palazzo Nardini (che ospitò san Francesco) e il Palazzo Mediceo, dove è raccolta la collezione del Museo d'arte sacra, comprendente alcuni dipinti del Guercino. Sul ciglio della rupe, affacciato sul vuoto, è arroccato il Duomo, costruito in stile romanico nel XII secolo. Da visitare la cripta, che sfoggia uno straordinario repertorio di colonne e capitelli di stili diversi, fra i quali è possibile rintracciare i simboli del cristianesimo primitivo. La maggior parte del tempo, naturalmente, va dedicata alla visita al Forte e alle strutture difensive progettate dal Martini. Il percorso comprende le celle del carcere in cui venivano gettati i nemici del papato, fra cui Cagliostro. Nel torrione di sinistra sono esposte armi di varie epoche e dipinti del Seicento. Nell'altro torrione si conservano armi e documenti del Risorgimento. La pinacoteca allestita nell'appartamento ducale custodisce, fra l'altro, un “Cristo deposto” di scuola caravaggesca e “La disputa tra i dottori” del Correggio. Da vedere, infine, l'antico convento di Sant'Igne, fondato da San Francesco ai piedi della rupe, nel 1213.