Nel parco di Colle Oppio sono raccolti i resti della Domus Aurea, l'immensa residenza costruita per l'imperatore Nerone dopo l'incendio del 64d.C. che aveva distrutto 10 dei 14 quartieri di Roma, oltre alla Domus Transitoria dello stesso Nerone. Lo scrittore Svetonio documenta le dimensioni originarie del palazzo progettato dagli architetti Severo e Celere, per la cui realizzazione (in soli quattro anni) furono rasi al suolo edifici pubblici e abitazioni private in un'area di 80 ettari, fra i colli Esquilino, Celio e Palatino. Svetonio parla di palazzi “grandi come città”, di un lago artificiale vasto “quasi come un mare”, di ornamenti fiabeschi in alabastro, oro e pietre preziose, e di una colossale statua alta 120 piedi, raffigurante l'imperatore, collocata nel vestibolo. La soddisfazione di Nerone che, a suo dire, abitava finalmente in una casa “degna di un uomo” fu però di breve durata. Nel 68 l'ultimo imperatore della dinastia giulia si suicidava, dopo essere stato deposto dal Senato. L'area occupata dalla sua gigantesca reggia sarebbe stata coperta da macerie e restituita all'uso pubblico dai suoi successori, Tito e Traiano. Al posto del lago sorse il Colosseo, che nel nome ricorda appunto la statua di Nerone, posta in un primo tempo davanti all'anfiteatro. La scelta di ricoprire con terra e detriti gli edifici sorti nell'area di Colle Oppio, tuttavia, ne favorì paradossalmente la conservazione. Infatti, alla fine del Quattrocento, i 150 ambienti che costituivano il nucleo centrale della Domus furono riscoperti per puro caso, attirando l'attenzione di artisti come Raffaello, Pinturicchio e Michelangelo, che si facevano calare nelle “grotte di Nerone” per studiare e riprodurre i soggetti delle “grottesche”. I dipinti a fresco rinvenuti nelle volte di molti ambienti ispirarono così uno stile decorativo molto in voga per tutto il Rinascimento, soprattutto nell'architettura residenziale. Gran parte delle sale, riaperte al pubblico dal 2007 a restauri ancora in corso, si sviluppano in altezza per oltre 10 metri e presentano una copertura a botte. Nel settore occidentale, attorno a un giardino-cortile porticato, sono disposti gli appartamenti privati di Nerone. Qui si incontrano alcuni ambienti noti già nei secoli scorsi: la Sala della volta delle civette, il Ninfeo di Ulisse e Polifemo (dal soggetto del mosaico che orna la volta, più tardi riprodotto in altre dimore imperiali). Il settore orientale, incentrato su una vasta sala ottagonale e su due cortili adiacenti, comprende altri ambienti molto famosi come la Sala della volta dorata (ricchissima di decorazioni policrome a stucco), la Sala di Achille e Sciro e la Sala di Ettore e Andromaca (in entrambe gli affreschi sono ispirati ai temi dell'Iliade). Ma i dipinti, che ricalcano il più maturo stile pompeiano, coprivano in realtà anche le pareti delle gallerie e degli ambienti di raccordo, mentre nei principali saloni di rappresentanza prevalgono i rivestimenti in marmi pregiati, l'uso degli ori e delle gemme (dimostrato nel corso degli scavi). L'intero apparato decorativo coinvolse certamente una folta schiera di artisti, sebbene l'unico nome tramandato sia quello del pittore Fabullo, di cui Plinio il Vecchio ricorda lo stile severo e l'abitudine di dipingere in toga anche sulle impalcature di cantiere. Al margine dei suoi affreschi i visitatori della Domus Aurea possono oggi rintracciare le firme di Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi, Giacomo Casanova e perfino del Marchese de Sade.