Furono necessari solo cinque anni per erigere il maestoso Castello Visconteo che si incontra ai margini del centro di Pavia, a poca distanza dalla basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. Destinato a svolgere la duplice funzione di residenza e di fortezza, l'intero edificio in laterizio rosso, progettato in pianta quadrata con un ampio fossato intorno, vide la luce fra il 1360 e il 1365 per volontà di Galeazzo II Visconti. La facciata dell'edificio è delimitata da due dei quattro torrioni angolari innalzati nel Trecento (quelli posteriori furono distrutti durante un assedio nel XVI secolo), mentre permangono i rivellini e i ponti levatoi. Gli elementi architettonici militari sono però sensibilmente ingentiliti dagli ordini di bifore che si aprono anche nelle torri, e soprattutto da un cortile vasto ed elegante, cinto da un porticato ampio, con volte a crociera. Sul portico fa bella mostra di sé un raffinatissimo loggiato con quadrifore, bifore e monofore. Lo stesso Galeazzo II non badò a spese per la decorazione degli interni, chiamando i migliori artisti lombardi ad abbellire il piano nobile. Parte di questi affreschi, e di quelli altrettanto pregevoli realizzati sotto gli Sforza, si conserva ancora in queste sale. Nella cosiddetta “torre della biblioteca” lavorò anche Francesco Petrarca, al quale fu affidato il compito di riordinare i preziosi codici miniati di proprietà della famiglia Visconti (purtroppo dispersi). Per oltre 150 anni, insomma, il Castello Visconteo fu luogo di svaghi e di cultura, almeno fino al 1535 quando, con la morte di Francesco Sforza, sopraggiunse la decadenza. Dal 1951 il castello ha recuperato la sua vocazione originaria, divenendo sede dei Musei Civici di Pavia. La visita ai musei coinvolge diverse aree tematiche e consente di scoprire collezioni notevoli per quantità e qualità delle opere esposte. Al piano terreno c'è il Museo Archeologico, con una straordinaria raccolta di vetri romani, tombe e corredi funerari della Pavia romana e di quella longobarda. Le opere di oreficeria testimoniano la potenza raggiunta dalla città quando fu capitale del regno dei Longobardi. La sezione medievale e rinascimentale documenta la storia artistica di Pavia, con sculture ed elementi architettonici provenienti da chiese in gran parte distrutte. Le sale affrescate del primo piano ospitano le sezioni di maggior richiamo: la Pinacoteca Malaspina (intitolata a un nobile collezionista pavese) e la Pinacoteca del '600 e '700, depositarie di una ricca raccolta di dipinti che spazia fra basso Medioevo e XVIII secolo. Le opere sono divise per scuola di appartenenza. Si comincia da quella veneta, rappresentata da capolavori di Giambono, Cima da Conegliano (Redentore), Giovanni Bellini (Madonna col Bambino). Spicca anche un intenso Ritratto d'uomo di Antonello da Messina. Ben rappresentate anche la Toscana e l'Emilia: la Sacra Famiglia di Correggio è fra le opere di maggior pregio. Fra gli artisti d'oltralpe si segnalano Hugo van der Groes (Madonna col Bambino) e Jean Clouet (Ritratto di re Francesco I). Più denso, naturalmente, il percorso attraverso i pittori lombardi: si passa dalla stupenda tavola raffigurante il Cristo portacroce, dipinta da Ambrogio da Fossano (detto il Bergognone) per la Certosa di Pavia, alla famosa Pala Bottigella di Vincenzo Foppa, protagonista del Rinascimento nell'Italia settentrionale. Giunti nella sala della torre si contempla un grandioso modello ligneo del Duomo di Pavia (fra i meglio conservati del periodo), realizzato da Giovan Pietro Fugazza nel 1497. Le sale successive accolgono opere di varia provenienza databili fra Seicento e Settecento, alcune delle quali di proprietà della Pinacoteca di Brera. Da segnalare autori come Camillo Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, Daniele Crespi, Francesco Cairo e Alessandro Magnasco, quest'ultimo presente con due magnifici bozzetti a monocromo. Qui si incontrano anche l'Autoritratto e la Testa di orientale di Giandomenico Tiepolo. Una prosecuzione naturale alla collezione della pinacoteca è data dalla Quadreria dell'Ottocento, recentemente arricchitasi grazie al lascito dei coniugi Morone, collezionisti di Pavia. A questa raccolta appartengono parecchie opere di rilievo nazionale, riconducibili al Neoclassicismo, al Romanticismo e al periodo della Scapigliatura. Spiccano le tele di Francesco Hayez (Accusa segreta), Federico Faruffini (Cola di Rienzi), Tranquillo Cremona (Ritratto di Nicola Massa), il divisionismo di Pellizza da Volpedo e Giovanni Segantini, e soprattutto alcuni capolavori dell'impressionismo italiano e dei suoi massimi interpreti: Giuseppe de Nittis e Federico Zandomeneghi. Nel nutrito nucleo di opere del pittore veneziano si segnala un celebre ritratto femminile intitolato La riflessione.