Fu scoperto in circostanze fortuite nel 1979, come spesso avviene in questi casi, il sito paleolitico di Isernia “La Pineta”, tuttora ritenuto uno dei più importanti ritrovamenti del mondo, sia per la vastità e la ricchezza di reperti, sia per la datazione (oltre 700.000 anni fa). A due passi dall'abitato di Isernia, lungo la superstrada in costruzione Napoli-Vasto, il ricercatore Alberto Solinas, in vacanza nel Molise, rintracciò alcuni frammenti ossei e pietre levigate nel terreno smosso dai lavori di sbancamento. All'occhio dell'esperto, quelle tracce si rivelarono di importanza straordinaria: segnalata la scoperta agli archeologi dell’Università di Ferrara, fu subito chiaro che una pura coincidenza aveva portato alla luce i resti di un accampamento di cacciatori vissuti 736.000 anni fa. Fra crani di bisonte, mandibole di rinoceronte e zanne di elefante, dai 300 metri quadrati inizialmente sottoposti a scavi archeologici emersero infatti grandi blocchi di travertino e manufatti in selce e calcare (raschiatoi, denticolati, becchi, ecc.), segno evidente della presenza dell'Homo erectus, per l'occasione ribattezzato Homo aeserniensis. Mentre le ricerche proseguivano, aumentava rapidamente l'interesse delle comunità scientifiche, oltre che di turisti e curiosi. Nel 1982 la prestigiosa rivista “Nature” pubblicò un articolo scientifico e dedicò la copertina al giacimento di Isernia. Alcuni metri quadrati di suolo paleolitico furono esposti temporaneamente alla Mostra sui primi abitanti d’Europa allestita nel Musée de l’Homme di Parigi e al Museo Pigorini di Roma. Altri reperti andarono ad arricchire, negli anni successivi, importanti esposizioni italiane. Il sito di Isernia “La Pineta” apparve, insomma, come una gigantesca fotografia scattata al primo progenitore dell'uomo, vissuto nel Paleolitico inferiore, e colto probabilmente in una fase di spostamento dall'Africa all'Europa. L’importanza del luogo, che esercita un irresistibile fascino per i giovani studenti di archeologia, ma anche per i meno esperti, non risiede solo nell’antica datazione, bensì soprattutto nella grande qualità e quantità di testimonianze. Il terreno ha restituito infatti una documentazione ricca e complessa sull'organizzazione sociale e sulle conoscenze acquisite dall’Homo erectus. Prove di una struttura sociale sorprendentemente evoluta, come dimostrano anche la struttura complessa dell'abitato, l'organizzazione dello spazio e le tecniche costruttive impiegate: il gruppo di cacciatori (forse poche decine) aveva costruito lungo le sponde del fiume un accampamento e, per rendere calpestabile l'area abitativa, aveva bonificato parte della sponda paludosa con pietrame e grandi ossa. Il tutto per un insediamento stagionale, secondo le esigenze di una vita nomade, legata agli spostamenti degli animali. Questi ominidi, infatti, non conoscevano ancora l'agricoltura e l'allevamento, si spostavano in bande di tipo familiare e non avevano ancora l'usanza di seppellire i morti. La loro preda preferita era il bisonte, ma non disdegnavano altri “grossi calibri” come elefanti, rinoceronti, orsi, ippopotami e cinghiali. La disposizione verticale dei reperti di Isernia “La Pineta” dimostra come il gruppo di cacciatori preistorici sia tornato ciclicamente in questo luogo, capace di garantire l'approvvigionamento di acqua, selvaggina e materie prime. Di particolare interesse per gli archeologi risulta essere lo strato più superficiale dei ritrovamenti che, oltre a un'altissima concentrazione di manufatti, presenta tracce dell’uso del fuoco (le più antiche finora documentate al mondo). Sulla base degli scavi di Isernia, gli studiosi hanno ipotizzato, per la prima volta, una padronanza di conoscenze tecniche non direttamente connesse con la sussistenza. Un'ipotesi suffragata, ad esempio, dalle tracce di ocra su una pietra e di zolle arrossate dal fuoco. Le tracce animali, poi, hanno suscitato l'attenzione dei paleontologi, che hanno raccolto informazioni preziose per ricostruire l'evoluzione del bisonte e del rinoceronte, nonché di altre specie mai rintracciate in aree così meridionali d'Europa. Dal 1999, i reperti che continuano a emergere dall'area degli scavi (condotti dal Centro Europeo di Ricerche Preistoriche) affluiscono nelle sale del Museo Archeologico allestito nel complesso di Santa Maria delle Monache, nel centro storico di Isernia. Qui, con l'ausilio dei supporti magnetici, sono state ricostruite anche immagini e scene della vita dell'Homo erectus. Nei pressi della circonvallazione di Isernia (uscita per Santo Spirito) si possono invece visitare gli scavi, attorno ai quali si sta sviluppando il nuovo Museo Nazionale del Paleolitico.