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Firenze: il Museo Alinari della Fotografia

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Guide turistiche
Sara Giuntolis - Firenze
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In Piazza Santa Maria Novella, di fronte a uno degli edifici religiosi più celebri di Firenze, il quattrocentesco Palazzo delle Leopoldine ospita, dal 2006, il Museo Nazionale Alinari della Fotografia. Al suo interno, circa 900 metri quadri disposti su due piani sono stati allestiti secondo le più moderne esigenze espositive, e soprattutto secondo una scenografia suggerita dal regista premio Oscar Giuseppe Tornatore. Fotografo per passione, oltre che cineasta celebrato in tutto il mondo, Tornatore ha infatti concepito il percorso all'interno del museo come un itinerario notturno rischiarato dai volti di personaggi, artisti, attori e registi che, proiettati sul soffitto, accompagnano i visitatori attraverso le sale. La Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia, ha inoltre trasformato due grandi sale che precedono il percorso museale permanente, al piano terra del palazzo, in uno spazio dedicato alle mostre temporanee. Qui vengono presentate al pubblico le esposizioni curate dallo stesso Mnaf, o quelle ospitate in base ad accordi di collaborazione con le più importanti istituzioni internazionali che si occupano di fotografia storica e contemporanea. Ogni anno sono programmate almeno sei manifestazioni, pensate in modo da privilegiare i rapporti con le altre arti figurative. Il percorso nel museo vero e proprio, poi, beneficia dell'immenso archivio fotografico dei fratelli Alinari (il nome stesso, in Italia, si identifica con la storia della fotografia) ed è diviso in sette sezioni articolate secondo un ordine cronologico: dall'invenzione della fotografia, attraverso i grandi maestri del XIX e XX secolo, fino al panorama contemporaneo. Così, nella prima sala, ci si imbatte nei dagherrotipi, le prime immagini realizzate su lastra d'argento a partire dal 1839, quando Louis Jacques Mandé Daguerre mise a punto il primo apparecchio fotografico. Accanto a questi le prime stampe di paesaggi, ritratti, composizioni ottenute con la tecnica alternativa del calotipo, il negativo di carta. Un ventennio più tardi, la fotografia è già una tecnologia matura che poggia su basi solide, e le linee di sviluppo dell'arte, anche in senso commerciale sono sintetizzate nella seconda sala del museo, dedicata a quella “età d'oro” che si fa coincidere con il periodo fra il 1860 e il 1920. Una fitta galleria di immagini che sfilano ad altezza d'uomo documenta la graduale evoluzione di un linguaggio che si affranca gradualmente dalle arti visive tradizionali. Al ritrattismo, alle vedute e alle riproduzioni di opere d'arte si aggiungono, con l'irruzione del Novecento, le sperimentazioni sulle possibilità e sui limiti stessi della tecnica fotografica, mentre si stabiliscono nessi con le grandi correnti artistiche del secolo. Nella terza sala, la galleria delle “Avanguardie” guida il visitatore fino agli scatti contemporanei, attraverso immagini che hanno fatto epoca: dal Ritratto di Churchill di Salomon all'ultimo cannibale della Melanesia fotografato da Folco Quilici. L'ultima sala del piano terreno accoglie le “immagini in trasparenza”. Negativi di carta, lastre di vetro, diapositive, ecc.: un ricco repertorio di originali da osservare in trasparenza per scoprire, fra l'altro, le diverse tecniche di foto-sensibilizzazione. Il percorso prosegue poi nella sala degli album fotografici, una “raccolta di raccolte” che sorprende non solo per la rarità e il pregio degli oggetti e delle collezioni custodite, ma anche per la varietà dei materiali e delle tecniche di lavorazione impiegate per creare contenitori in grado di raccontare storie, resistendo alle insidie del tempo. Nel lungo salone che segue si dispiega la rassegna degli strumenti e delle macchine fotografiche. La storia della fotografia qui coincide con la storia della tecnica, segnata da pietre miliari come l'invenzione della reflex, le macchine Polaroid, l'avvento della tecnologia digitale, fino al primo telefono cellulare con fotocamera integrata: la fotografia si fa strada nell'uso quotidiano e dilaga in ambito dilettantesco. L'ultimo ambiente presenta interessanti digressioni sull'uso di materiali fotografici per il confezionamento dei prodotti più disparati: ceramiche, vetrate, tessuti, gioielli, mobili, strumenti musicali, utensili e strumenti di comunicazione come cartoline, carta intestata, pubblicità. Negli oggetti della quotidianità, la fotografia si pone al servizio del consumo assumendo funzioni decorative o esplicative. Un'appendice interessante al percorso espositivo, inoltre, è costituita dal “museo tattile” (unico nel suo genere) realizzato in collaborazione con la Stamperia Braille attiva a Firenze dal 1924. In questa speciale sezione le foto diventano rilievi e i materiali usati per renderle tridimensionali evocano gli stessi soggetti delle rappresentazioni, con il loro bagaglio di implicazioni emotive. Ne è un esempio l'immagine di Peggy Guggenheim: la celeberrima collezionista d'arte è effigiata in un ritratto tridimensionale composto da stoffa e das, con tanto di parrucchino sintetico.

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