Nell'entroterra di Siracusa, fra i vertiginosi canyon scavati nella roccia dei Monti Iblei dai fiumi Calcinara e Anapo, è racchiusa la testimonianza più importante e suggestiva delle civiltà protostoriche siciliane. È la necropoli di Pantalica: un vasto e scenografico alveare composto da oltre 5000 tombe “a grotticella”, cioè scavate nella parete rocciosa, a picco sulla valle dell'Anapo. Il primo insediamento fu fondato con ogni probabilità dai Siculi, rifugiatisi lontano dalle coste attorno all'VIII secolo a.C., per scampare alle invasioni degli Arabi e delle altre popolazioni che cominciavano a colonizzare la Sicilia. L'uso del ferro non si era ancora affermato e si ritiene perciò che le tombe furono scavate a fatica, con asce di pietra o di bronzo, in cinque diverse aree attorno all'altopiano di Pantalica, a costituire un immenso cimitero preistorico riemerso soprattutto grazie agli scavi iniziati verso la fine dell'Ottocento dall'archeologo Paolo Orsi. I preziosi reperti e i corredi rinvenuti nelle tombe sono attualmente raccolti nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa. Non si è mai trovata alcuna traccia dell'abitato, sicuramente composto da capanne di materiali deperibili, mentre abbondano le testimonianze di altri insediamenti riconducibili a epoche differenti. Fra queste il Palazzo dell'Anaktoron (o “Palazzo del Principe”) costruito sull'altopiano forse nel XII secolo a.C. con blocchi megalitici, secondo la tecnica tipica della civiltà micenea. Più a sud, i resti di un tempietto greco testimoniano forse l'espansione dei Siracusani nel IV secolo, mentre ai coloni bizantini si devono alcuni villaggi rupestri ricavati nel fianco dei valloni. I bizantini (e forse gli arabi) furono del resto gli ultimi abitanti di Pantalica prima del completo abbandono. Oggi l'altopiano e la sottostante valle dell'Anapo costituiscono un'area naturalistica protetta e possono contare fra l'altro sulla tutela dell'Unesco, che nel 2005 le ha dichiarato il sito Patrimonio dell'Umanità. Anche per questo Pantalica è diventata una meta escursionistica celebre, non solo per lo straordinario interesse dei siti archeologici, ma per le suggestioni di uno scenario naturale incontaminato, aspro e selvaggio che fa da cornice alle necropoli e agli insediamenti rupestri. Un paesaggio descritto dallo scrittore Vincenzo Consolo nella raccolta di racconti “Le pietre di Pantalica”. Il modo più semplice per visitare la necropoli è raggiungere l'abitato di Ferla, con mezzi propri, dalla Statale 124. Da qui si può proseguire in auto fino alla stretta Sella di Filiporto, che da sempre rappresenta l'unico accesso naturale all'insediamento, come dimostrano alcune tracce di fortificazioni. La sella offre la panoramica migliore sulle gole incassate nella roccia e punteggiate dalle grotte artificiali. Sentieri e scalinate ricavate nella pietra permettono di raggiungere i vari siti di interesse archeologico e naturalistico.