Incassata in una valletta che si affaccia sulla costa meridionale di Capri, fra l'altura del Castiglione e il monte Tuoro, la monumentale Certosa di San Giacomo fu costruita nel 1371 per volontà del conte Giacomo Arcucci, segretario della regina Giovanna I d'Angiò. Secondo una voce popolare, il convento e la chiesa vennero eretti sui resti della sesta villa dell'imperatore Tiberio che, come è noto, trascorse a Capri gli ultimi anni della sua esistenza. Di certo fu il conte Arcucci a rifugiarsi presso i frati della Certosa quando, alla morte della regina, subì la confisca dei beni. Già dopo duecento anni dalla fondazione, questa singolare e suggestiva testimonianza del monachesimo caprese era stata teatro di parecchi eventi più o meno drammatici: nel 1534 l'assalto di Federico Barbarossa aveva danneggiato la struttura in molte parti; vent'anni dopo giunsero le incursioni di Mustafà Pascià e del corsaro Dragut, che costrinsero i monaci ad abbandonare temporaneamente la loro sede. Fra Cinquecento e Seicento la Certosa tornò a risplendere grazie ai lavori di ristrutturazione e fortificazione che interessarono, fra l'altro, il campanile, il chiostro grande e il presbiterio. Una torre difensiva (crollata nell'Ottocento per un cedimento del terreno) fu innalzata a difesa del complesso. Nel XIX secolo, con l'arrivo dei francesi e in virtù della sua posizione difficilmente accessibile, il monastero sarebbe diventato dapprima una caserma, poi un bagno penale e infine un ospedale militare. Nonostante le alterne vicende, la Certosa di San Giacomo non ha mai perso il suo naturale fascino e l'indiscutibile valore architettonico. Oggi il complesso può essere raggiunto partendo dalla celeberrima e affollatissima Piazzetta di Capri e imboccando via Vittorio Emanuele. Si svolta in una stradina denominata, appunto, via Certosa che conduce all'edificio attraverso un corridoio murato. La distribuzione regolare e geometrica degli ambienti attorno a spazi scoperti o porticati ricorda l'architettura cistercense e, in parte, anche le antiche ville romane. Con tanto ordine contrasta la fiabesca torre dell'orologio con la sua guglia triangolare in stile napoletano. Percorrendo il viale d'accesso principale si passa accanto all'antica farmacia, un edificio a due piani che forniva medicamenti e infusi a tutti gli abitanti dell'isola, e si giunge al cospetto della chiesa. Nella facciata si apre un portale ogivale in marmo bianco su cui spiccano i bassorilievi di san Brunone e san Giacomo. Alzando gli occhi si ammira una lunetta che conserva ancora un affresco trecentesco raffigurante la Madonna col Bambino tra i due santi. Accanto ai santi furono eternate le figure della regina Giovanna e del conte Arcucci. Visitando l'interno, caratterizzato da un'unica navata coperta da volte a crociera, si è colpiti dal carattere semplice e austero del tempio e dall'atmosfera di raccoglimento spirituale. Un clima non turbato dal rosone e dai finestroni gotici, riportati alla luce solo nel XX secolo, né dalle decorazioni a stucco dell'abside. Gli affreschi seicenteschi stesi sulle pareti appaiono, purtroppo, intaccati dalle vicende storiche e dalle infiltrazioni d'acqua. Il meglio conservato è quello della controfacciata, che rappresenta San Giacomo alla Battaglia del Clavijo (uno scontro fra Spagnoli e Saraceni avvenuto nell'anno 844). In buono stato di conservazione sono, invece, due tele del pittore napoletano Nicola Malinconico poste sui due lati del transetto. Passando nella sagrestia si attraversano due sale di pregio, pure ornate da affreschi e stucchi seicenteschi. Le celle dei monaci e le sale più importanti si affacciano sui due chiostri della Certosa. Il chiostro maggiore, cinquecentesco, ha un aspetto solenne, rimarcato dalle ampie arcate a tutto sesto del porticato, che poggiano su pilastri imponenti in pietra. Il chiostro minore, su cui si affacciano la chiesa e il refettorio, è il più antico e risale al periodo di costruzione del complesso. Gli archi del portico poggiano su capitelli di spoglio romani e bizantini. Anche il refettorio conserva il suo aspetto trecentesco, ma attualmente ospita un museo in cui sono raccolte, tra l'altro, alcune grandi statue romane rinvenute sui fondali della Grotta Azzurra. Il museo porta il nome dell'artista Wilhelm Diefenbach, che per molti anni si servì di questo ambiente vasto come studio per le sue enormi tele. Alcuni degli enigmatici dipinti dell'eccentrico pittore simbolista sono ancora visibili in questa sala. A sinistra del chiostro grande, infine, è posto l'appartamento del priore. Sviluppato su due piani, l'edificio è arroccato sul bordo della parete rocciosa a picco sul mare. Dalle sue finestre si contempla un panorama impareggiabile che abbraccia i faraglioni e Marina Piccola.