Nel cuore del quartiere universitario di Bologna, nello stesso edificio che accoglie la storica Accademia di Belle Arti e la sede della Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico della città felsinea, è ubicata una delle più importanti e moderne collezioni d'arte italiane. La Pinacoteca Nazionale di Bologna si articola, infatti, nelle sale dell'ex noviziato gesuita di Sant'Ignazio, in via delle Belle Arti: un polo che unisce esposizione, tutela e studio del patrimonio artistico regionale e nazionale. Il percorso espositivo della Pinacoteca può contare oggi su trenta sale, cui si aggiunge un'area destinata alle mostre temporanee: un complesso adeguato agli standard europei, apprezzato anche all'estero per la modernità delle sue strutture, oltre che per il valore inestimabile delle opere qui raccolte. Il suo patrimonio, arricchitosi ulteriormente negli ultimi anni grazie ad acquisizioni statali, lasciti e donazioni private, è riconosciuto come il percorso artistico più completo attraverso sei secoli di arte bolognese ed emiliana (dal XIII agli inizi del XIX secolo) senza trascurare i dipinti di Raffaello, Perugino, Giotto, Parmigianino, Cima da Conegliano e di altri maestri. Una parte importante della collezione bolognese si coagulò nel breve periodo napoleonico, in conseguenza di soppressioni, espropri e spoliazioni di chiese e conventi della regione. L'origine della Pinacoteca, tuttavia, è più antica e risale all'inizio del XVIII secolo. Fu il conte Luigi Ferdinando Marsili a istituire, nel 1712, un “Istituto delle Scienze e delle Arti”, ispirandosi a un'idea già moderna che voleva l'arte svincolata dalle corporazioni e dai particolarismi. Marsili era affascinato dal movimento europeo delle accademie, e decise pertanto di fondare nella sua città una “Accademia delle oneste e liberali arti”, capace di rivolgersi a un pubblico vasto, offrendo servizi, mostre, concorsi. La sua accademia gestiva anche una avanguardistica scuola del nudo. Circa mezzo secolo più tardi, l'Istituto delle Scienze acquisì il suo primo nucleo di dipinti, grazie alla corposa donazione di monsignor Francesco Zambeccari. Il furore napoleonico finì per avvantaggiare notevolmente la collezione dell'Accademia bolognese: dai conventi e dalle basiliche più importanti della regione affluivano opere tali da fornire una rassegna completa della scuola pittorica bologese ed emiliana, dal maestro trecentesco Vitale da Bologna ai fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolfi, contemporanei del fondatore dell'Accademia. Oltre alle tele di autori emiliani, a Bologna affluirono anche opere di artisti che, a vario titolo, ebbero contatti con la città: Giotto e Raffaello su tutti. Il nuovo assetto della moderna Pinacoteca prevede una ripartizione tematica in tre aree principali: i Primitivi (autori del Trecento, bolognesi e non), il Rinascimento e il Barocco. Nella prima parte del percorso si ammirano, perciò, tavole e affreschi di straordinario pregio come San Giorgio e il drago e l'Annunciazione di Vitale da Bologna, la Vittoria di San Giacomo e alcuni polittici di Jacopino da Bologna, nonché opere di Giovanni da Modena, Andrea di Bartolo, Giovanni da Bologna, Lippo di Dalmasio e molti altri. Di Giotto si conserva un polittico firmato “Opus Magistri locti de Florentia”. La sezione del Rinascimento comprende tele che vanno dalla seconda metà del XV secolo al XVI. Tra queste si ammirano alcuni dipinti di Cima da Conegliano, Giulio Romano, Perugino, un polittico di Bartolomeo Vivarini, la Pala dei Mercanti di Francesco del Cossa, il Pianto di Maria di Ercole de' Roberti, la Madonna di Santa Margherita del Parmigianino, la Cena di San Gregorio Magno del Vasari e la celeberrima Estasi di Santa Cecilia, realizzata da Raffaello per la Chiesa di S. Giovanni in Monte. Da segnalare, inoltre, la presenza di opere di scuola tedesca, fiamminga e catalana. Un ruolo di assoluto rilievo è riservato al Barocco e al Seicento bolognese, raccolto nella terza area della Pinacoteca e rappresentato da numerosi capolavori fra cui spiccano le opere dei Carracci (Ludovico, Agostino e Annibale), la Strage degli innocenti e una Pietà di Guido Reni, il Martirio di San Pietro del Domenichino, il San Sebastiano curato da Irene e l'eccezionale Madonna del passero di Giovanni Francesco Barbieri (meglio noto come il Guercino). Alle tele dei maestri della scuola bolognese si aggiungono quelle di Federico Barocci, Francesco Albani, Giuseppe Maria Crespi. Un'intera sala, infine, è destinata a esporre otto affreschi di Nicolò dell'Abate, pittore modenese specializzato nella decorazione di residenze signorili con scene profane e cortesi. La sua firma spicca sui più prestigiosi palazzi privati di Bologna.