A pochi chilometri da Imola e dalla storica Via Emilia, in un dolce paesaggio collinare, è disteso uno dei borghi medievali più interessanti e suggestivi della Pianura Padana, capace di conservare inalterato il suo aspetto attraverso i secoli. È il paesino di Dozza, incorniciato da antichi vigneti e raccolto, con la sua caratteristica forma affusolata, attorno a un'imponente roccaforte sforzesca costruita attorno al 1250. Le origini del borgo si perdono realmente nella notte dei tempi, sebbene sia accertato che il colle ospitasse un insediamento umano già nell'Età del Bronzo. La denominazione sembra risalire, invece, all'acquedotto della Dutia che agli albori del Medioevo convogliava le acque del Monte del Re in una cisterna, per far fronte alle necessità di un territorio tradizionalmente povero di acqua. Una lunga dominazione longobarda fu interrotta da Carlo Magno, che consegnò Dozza alla chiesa imolese. Due secoli più tardi, però, la guelfa Bologna si impadronì del borgo scacciando i ghibellini. Nei secoli seguenti, Dozza sarebbe stata contesa fra le famiglie nobiliari felsinee. Piaceva, soprattutto, la coriacea rocca fra le cui mura si avvicendarono, fra gli altri, anche Caterina Sforza e Cesare Borgia. La Dozza di oggi restituisce un'immagine stupefacente del tessuto urbano medievale. Poco o nulla è cambiato dal X secolo, quando questa comunità comprendeva già un palazzo pretorio, una chiesa, le abitazioni dei fittavoli, la fucina del fabbro e la bottega del falegname. Ancora oggi, per accedere all'abitato, si passa sotto la porta ad arco aperta nel Rivellino, una struttura difensiva completata all'inizio del Quattrocento. Due strade parallele, la Contragrande e la Contracina, partono dalla porta e terminano nello spiazzo antistante la rocca. La Contragrande conserva ancora la tipica pavimentazione ad acciottolato, ed è delimitata da porticati bassi e variopinti. Un'altra strada medievale è il Contradino, che costeggia i bastioni e i resti della cinta muraria occidentale, sbucando anch'essa al cospetto della roccaforte, nei pressi di un belvedere da cui lo sguardo spazia sulla Valsellustra, fino a Montecatone. Da quasi cinquant'anni, le pareti delle antiche dimore di Dozza offrono un contributo singolare all'arredo urbano: merito della Biennale del Muro Dipinto, una gara di murales unica nel suo genere. Per sette giorni, nel mese di settembre, artisti famosi e dilettanti sono impegnati ad affrescare e decorare le facciate delle case, contribuendo al continuo arricchimento di una sorprendente galleria d'arte a cielo aperto.
Passeggiando per le stradine di Dozza ci si imbatte nell'antico palazzo pretorio (oggi Palazzo Comunale), il cui aspetto attuale deriva dal rifacimento rinascimentale e delle opere di ristrutturazione realizzate nel Novecento. L'edificio è fronteggiato dalla caratteristica Chiesa Parrocchiale dell'Assunta, in cui si conservano elementi architettonici e scultorei che spaziano dal periodo longobardo al protoromanico. Una bella tela di Marco Palmezzano, datata 1492, raffigura la Madonna col Bambino fra i santi Giovanni Battista e Margherita. Notevoli sono, poi, una Pietà in stucco policromo, da poco restaurata, il tabernacolo del XVI secolo e la tela dell'Assunzione che adorna l'altare. L'edificio più importante e suggestivo, soprattutto sotto il profilo storico, è certamente la Rocca Sforzesca: i suoi ambienti interni, come gli esterni, sfoggiano un ottimo stato di conservazione. Perfino le cucine sono corredate da oggetti e utensili risalenti al Cinquecento. Ma la parte più suggestiva del percorso di visita è situata al “piano nobile”, dove si incontra la Sala Maggiore, con la grande portafinestra che garantisce l'accesso ai camminamenti di ronda. Venti ritratti di antenati illustri dei Malvezzi, un tempo proprietari dell'edificio, adornano le pareti, mentre lo stemma di famiglia è riprodotto nel grande arazzo di lana e seta di fattura seicentesca. Notevoli anche la Sala Rossa, con il soffitto a cassettoni ed elementi d'arredo rinascimentali, e la vicina Camera di Pio VII, che conserva gli arredi dell’allora vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti, prima dell’elezione a Pontefice nel 1800. Di fronte alla cappella è posto un pozzo a rasoio: un antico trabocchetto militare scoperto e riportato alla luce negli anni ’70. Non meno affascinante il percorso attraverso i torrioni e i camminamenti esterni, fino al cortile con loggiato e alle prigioni. Le iscrizioni sulle pareti delle celle testimoniano sofferenze indicibili, confermate anche dalla stanza della tortura e dalla grande “fossa dei supplizi”. Nei sotterranei dell'edificio è stata allestita l'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna. È questo il luogo ideale per degustare le migliori produzioni vinicole della zona, sotto la guida di sommelier professionisti. Da visitare, infine, la Pinacoteca del Muro Dipinto, ospitata nei piani superiori della rocca. Oltre a opere importanti di artisti contemporanei, la pinacoteca espone alcune delle migliori opere realizzate in occasione della Biennale del Muro Dipinto.